Scelta di un auto
Parte tre
La famiglia aveva le sue esigenze, le spese erano diverse, il figlio, il cane, la moglie, io che riprendevo gli studi interrotti per correre dietro a un sogno, insomma l’acquisto di un auto era una faccenda complicata: basta sportive a due posti, ora le station wagon o famigliari come si chiamavano allora, ma più importanti erano i consumi ridotti, bollo e assicurazione calcolati prima, manutenzione dal costo minimo, e soprattutto il colore doveva essere scelto dalla signora. Ormai mi sembrava di essere un computer, anzi un calcolatore elettronico, in cui inserivi dei dati e dopo un po’ arrivava una risposta, che non è mai quella che ti aspetti.
Avevo solo l’indipendenza nelle scelte delle motociclette (altra mia passione che non era stata soddisfatta in gioventù: una rivalsa), andavo dai venditori, un po’ più che riparatori di biciclette e, dopo avere ascoltato, decidevo. Con gli altri pochi appassionati si viaggiò un po’ e poi un po’ di trial e di enduro, con un occhio agli Stati Uniti, pronto per le corse nel deserto della bassa California.
Un giorno conobbi un venditore di BMW, moto che avevo ammirato dal piccolo lunotto della Topolino, da bambino mentre andavamo in vacanza con i miei genitori lungo le strade d’Italia: le vedevo arrivare da lontano e mi sembravano degli uccelli che volavano e danzavano a pochi centimetri da terra, poi ci sorpassavano e dal parabrise vedevo la loro ruota posteriore con bagagli appesi. Mi affascinarono e un giorno, di nuovo e purtroppo single, decisi e ne comperai una; divenne la mia compagna di viaggio, con in testa il gabbiano Jonathan Livingstone, il volo di notte (Saint Exupery) e altri scrittori on the road, percorsi migliaia di chilometri in giro per l’Europa, e poi un’altra e altre migliaia di chilometri, e poi la terza con cui sbagliai una curva: il secondo incidente della mia vita.
Obbligatorio smettere e inizio della noia in auto, Peugeot, Seat (una Marbella-panda), Opel, poi qualcuno mi parlo delle spider e cabrio e della sua ricerca delle meravigliose sensazioni che la moto gli aveva dato.
Un pomeriggio salii su una cabriolet Volkswagen e ne ritrovai qualcuna di quelle sensazioni. Mi informai ed effettivamente molti me lo confermarono: decisi che un giorno ne avrei avuta una. Per lavoro conobbi una famiglia litigiosa, riuscii nell’intento di dividere quel che uno zio scapolo aveva lasciato morendo, e alla fine di tanto litigare saltò fuori una fantomatica spider, dimenticata dagli eredi e che stava per far crollare tutto il mio lavoro.
Decisi di vederla e scoprii una BMW cabriolet e non spider con tre anni di vita e settemila chilometri all’attivo, divenne mia con il ricatto delle parcelle (da un gesto illegale a volte nascono delle fortune). Fui ricambiato con notevoli ritardi nelle volturazioni a mio nome della “creatura”, ma non mi interessava, era già mia da subito e tanto mi bastava. Batteria, olio (solo un rabbocco) e di corsa dal benzinaio: controllo gomme e varia piccola manutenzione e via. Prima uscita: una gita al mare sulla cabrio aperta, si era di luglio, ed eccomi di nuovo Bruno Cortona!
Mai scelta fu più felice: ancora oggi è qui sotto le finestre di casa, nello stesso cortile, estate e inverno perché le autorimesse sono diventate condomini e quelle poche sono lontanissime (mi servirebbe un auto per raggiungerle e allora…) in cui ora ci sono sedici auto e i bambini non possono più giocare al pallone, per scelta io ho privilegiato un giardinetto rispetto al posto auto, ma c’è ancora spazio. Tra pochi giorni gusterò le nespole dell’albero ivi piantato da mio figlio, e
che curo con molta passione.
Sono finite le corse: ci hanno imposto, giustamente dei limiti di velocità, e possiamo godere il paesaggio, e soprattutto imparare che il “viaggio” non è la meta, è il viaggio stesso!
Già con la moto usavo molto poco le autostrade e ora con la cabrio ancor meno. Ho scoperto nuovi colori, nuovi odori e nuovi incontri: si parla molto volentieri con chi ha l’auto diversa dal solito: quella senza il coperchio ai passeggeri-guidatori. Ho scoperto posti meravigliosi e ho assaporati dei cibi gustosissimi: ricordo un coniglio alla ligure in una chiesa trasformata in trattoria mentre guardavo il mare dall’alto. Ho mangiato formaggi con malgari in montagna, seduto sul bordo della strada mentre sfilavano mandrie (sì, mandrie!) che scendevano dagli alpeggi verso le stalle in pianura. Ho parlato di eredità (il mestiere ritorna), bevendo ovomaltina perché non sopporto l’alcool, con chi aveva ereditato una Mercedes 170 cabrio del 1936 e pur di averla aveva rinunciato a molto di più, e girava orgoglioso per le montagne svizzere a tetto aperto con 10 gradi di temperatura: indossava abiti da esploratore polare ma era felice.
Altre storie potrei ancora raccontare, ma non esistono solo le auto! C’è anche Ercole!
sor