Dove sono finite le fanciulle che ai primi anni sessanta sedevano altere, eleganti e impettite nelle spider in voga? Quelle che ti guardavano dal basso in alto per via della loro seduta in basso, ma lo sguardo era di compatimento per te che viaggiavi su una berlina, evidentemente l’auto di famiglia provvisoriamente affidata a te. Loro invece erano ammirate, corteggiate e la loro bellezza ben si accordava con le linee filanti delle vetture sportive che già dal rumore rendevano l’idea di velocità e di “ricchezza”. Su quest’ultima ci sarebbe stato molto da dire: i concessionari avevano le casseforti colme di cambiali e assegni posdatati, ma nessuno lo scriveva sulla carrozzeria!
Io sono arrivato alla automobile scoperta in ritardo, in notevole ritardo e le ragazze sono diventate mamme e qualche compagna di liceo è già nonna.
Sono single e ogni tanto qualche amico si premura di presentarmi una amica, una cognata, una parente da accasare, a volte senza neanche chiedermi il permesso, ma io spero sempre in un incontro che sia risolutivo, ma non sono qui per parlare della mia vita. E neppure per “sistemarmi”.
Ho una splendida cabriolet tenuta con cura e il mio film “cult” è il mitico e mai molto visto nei passaggi televisivi “Il sorpasso”: protagonista la Aurelia B24. Io avevo all’epoca una Lancia Appia II serie, purtroppo la berlina di famiglia, anzi ex berlina di famiglia perché l’Appia mi venne consegnata a titolo di premio maturità da mio padre migrato verso la Fulvia, e quindi il muso dell’Appia e dell’Aurelia si confondevano e nei viaggi con gli amici nelle campagne intorno alla città diventavo Bruno Cortona alla ricerca di se stesso con la musica del motore. Beh, un po’ almeno! Quanto a musica on board, ci si accontentava di una radiolina: babbo neppure ci pensava alla autoradio per non essere vittima di furti che iniziavano allora a colpire più la fantasia che la realtà.
Fu in quei momenti che mi accorsi dello sguardo di cui ho parlato in apertura, ma io avevo in testa altre cose: mi piaceva viaggiare e soprattutto viaggiare in auto. Ho percorso un paio di milioni di chilometri sia a piedi sia su auto o moto di tutti i tipi mai però su una “scoperta”, con il classico vento tra i capelli, e guardavo gli spideristi (o spyderisti, come si usava scrivere), con un po’ di invidia per la compagnia, ma io cercavo un piacere diverso, e non avevo tempo per quelle cose lì.
La vita e tutto il resto mi ha portato a comperare la prima auto scoperta alla tenera età di 45 anni, e già i capelli si ingrigivano, cercavi fanciulle adeguate, e ti accorgevi che erano colpite dalla station wagon
o del SUV del tuo vicino di casa, dentro cui potevano mantenere il loro aplomb senza problemi di cervicale e di pettinature.
Ogni tanto incontravi o incontri la fanciulla (sono sempre fanciulle) che ti dichiarava il suo spassionato desiderio di un viaggio con “il vento tra i capelli”, ma erano e sono discorsi: appena sedute, con il loro sorriso a trentadue denti, ti chiedono per favore di chiudere la capote, c’è troppo vento, almeno fino al mare (si va sempre al mare!), poi di non accendere l’aria condizionata, e ho le lenti a contatto e come si regola il sedile, fino al finale “non hai un’altra musica?”. Insomma non c’è nulla che vada bene, e intanto tu guardi la spider aperta del single che ti viene incontro e ti lampeggia con i suoi fari dichiaratamente per dirti: scopriti, che hai comprato la spider a fare?
Arriverà la primavera e con la mia cabrio andrò per passi alpini lasciandola scoperta per avere il vento tra i capelli, il sole in faccia, il naso pieno di profumi di natura, guarderò la spider chiusa che mi viene incontro e gli lampeggerò con i miei fari dichiaratamente per dirgli: scopriti, che hai comprato la spider a fare?
Gianfranco